Dal 8 al 10 Luglio tutto il mondo che conta e’ a… Parigi per la settimana dell’haute coture. E allora io che faccio che sono la regina delle poracce? Vado a Berlino per la commercialissima Berlin Fashion Week. E che ci volete fare? Ognuno ha quel che si merita.
A parte tutto (che minchia significa quest’espressione devo ancora capirlo) Berlino e’ una citta’ splendida, piena di storia, cultura, atmosfera bohemienne, giovani, locali di tendenza, ristoranti gourmet…. Certo. Se non fosse che UNA fosse tumulata in una fiera a lavorare come una schiava nei campi di cotone in Alaska. Mi sarei accontentata anche solo di vedere la porta di Brandeburgo eh.
Ma va bene. Questo e’, e questo prendo.
E che cosa vorrebbe fare una schiava dei campi di cotone in Alaska alla fine della sua giornata di duro lavoro? Andarsene nella sua capanna (leggi camera d’hotel), farsi una doccia, ordinarsi il suo onestissimo salmon club sandwich (scs: mai piu’ senza) e mangiarselo in un pigiama improponibile al pubblico, guardandosi un altrettanto improponibile filmetto pseudo romantico con drew barrymore and company o, in alternativa, Crucca next top model, controllando spasmodicamente Vogue Paris per vedere l’ultima meraviglia di Elie Saab, che Chanel l’abbia in gloria. Ma anche qui niente.
Siccome ai tuoi compagni di schiavitu’ non gli basta starti vicina vicina tutta la sacrosanta giornata, organizzano cene a ripetizione, come se fosse l’ultima chance della loro vita per uscire. E neanche se millantassi dissenteria atroce mista a emicrania fulminante, febbre a 41 e crampi a tutti i muscoli, loro ti lascerebbero andare in hotel “Tai forzzzza ussiamo insieme yaaaa! Befiamo 2 o 3 mila cocktail ya!” E va bene, va bene. Andiamo yaaaa!
Ogni tanto pero’ ti capita che ti portino in un bel posto.
Ieri siamo andati al ristorante del hotel Das Stue, ex-ambasciata danese (poi tutti gli stati scandinavi hanno fatto un’unica grande ambasciata totale e risparmiano un bel po’ sull’affitto, sempre furbi loro…) sapientemente ristrutturata da…un ottimo studio di architettura (se volete saperne di piu googolate e che cavolo tutto io vi devo dire, spendete qualche caloria muovendo quelle ditine anchilosate). Lo chef e’ Paco Perez, una meritata stella Michelina. Il ristorante le Cinco e’ per una cena piu formale e per cosi dire “strutturata” ma si puo’ prenotare una casual dinner nella sala di fianco. Ambiente super curato, nessun dettaglio, dalla scelta dell’arredamento all’apparecchiatura della tavola, e’ lasciato al caso. Ci sono una ventina di scelte di tapas to share, tutte buonissime e ben presentate, alcune piu’ semplici e tradizionali, jamon iberico con il suo coca bread e salsa di pomodoro (che bonta’ me ne sarei mangiata 800 grammi da sola, ma era “to share” ahime’), polpo alla galiziana (parliamo della spuma di patate e “pimenton della vera” che lo accompagnava, parliamone!), uova in cocotte con pancetta iberica, fino a quelle piu elaborate come il sashimi di cernia con spuma al coriandolo cipolle caramellate e leche-de-tigre (mamma la delizia) o gli Huramaki con secreto iberico e funghi.
Poi come main course ho preso una fantastica steak tartare con uovo di quaglia e light mayo al timo di bosco ( tutto perfettamente e sapientemente mixato). Siccome si vocifera (negli ambienti che contano un tubo) che io sia a dieta, niente dolce anche se la maledetta crema catalana – nella mia top 5 dei miei dolci preferiti, classifica che vede al primo posto la sachertorte, subito a seguire la tarte tatin, terzo posto per la crema catalana, poi crostata di mia madre alla marmellata di albicocche di mia suocera e poi tortino al cioccolato fondente con cuore tenero – mi chiamava insistentemente. Maledetta. Col caffè hanno portato un macaron delizioso e non ho resistito, gli ho dato un morso, non so come ho fatto a non mangiare il resto. Sara’ stata la mia visione allo specchio quella mattina, credo. Comunque, ve lo dico, ci torno quando non sono a dieta finta e mi devono trascinare fuori i poliziotti in assetto antisommossa per farmi smettere di mangiare!
Das Stue
Drakestraße 1, Berlino
+49 30 3117220